Nel pomeriggio del 14 febbraio 2018, pochi giorni fa, a Parkland, in Florida (Stati Uniti) nella Marjory Stoneman Douglas High School un ragazzo di 19 anni, Nikolas Cruz ha ucciso 17 persone prima di essere arrestato dalla polizia. È la sparatoria più grave di sempre in un scuola superiore statunitense e l’ultima di una lunga serie di assalti con armi negli istituiti scolastici che va avanti ormai da un paio di decenni.

Il presidente Trump ha reagito immediatamente con un tweet di vicinanza alle vittime. Poi il 15 febbraio, in una conferenza stampa, si è concentrato sul fatto che Cruz avesse “problemi mentali”, e che si debba intervenire su questo. Trump non ha però affrontato il tema, dibattuto da decenni, della proliferazione delle armi negli Stati Uniti e della relativa facilità con cui è possibile acquistarne una anche tra i giovanissimi.

Il 16 febbraio Jessica Henderson Daniel la presidente dell’APA (American Psychological Association) la più grande organizzazione scientifica e professionale che rappresenta la psicologia in USA, ha dichiarato (traduzione mia):

Mentre le forze dell’ordine stanno ancora mettendo insieme le motivazioni che hanno spinto il tiratore della sparatoria, alcune figure pubbliche e le fonti di notizie si stanno focalizzando sulla sua salute mentale. È importante ricordare che solo una piccola percentuale di atti violenti è commessa da persone diagnosticate o trattate per malattie mentali. Inquadrare la conversazione sulla violenza da armi da fuoco nel contesto della malattia mentale fa un disservizio alle vittime di violenza e stigmatizza ingiustamente le molte persone che soffrono davvero di malattie mentali.

Il New Yorker ha ripubblicato sul suo sito un articolo del 19/10/2015 scritto da Malcolm Gladwell. L’autore analizza le stragi scolastiche più celebri fino a quella data. Non riesce a trovare un vero filo conduttore se non una certa ritualizzazione dopo la strage di Columbine. Conclude dicendo:

Il problema non è che esiste un rifornimento infinito di giovani profondamente disturbati capaci di commettere atti orribili. È peggio. Il fatto è che i giovani uomini non hanno più bisogno di essere disturbati per contemplare la possibilità di commettere atti orribili.

Proiezione

Ecco, la mia idea è che dietro questi “atti orribili” ci sia un processo psicologico comune e importantissimo che in qualche modo va in tilt. Questo processo si chiama proiezione.

La proiezione è un giudizio sbagliato che successivamente viene corretto. C’è una differenza però tra la proiezione e un errore di valutazione. Quest’ultimo può essere facilmente corretto avendo maggiori informazioni o una migliore conoscenza dei fatti. La proiezione è invece accompagnata da una certa carica emotiva. La persona che emette il giudizio si difende strenuamente dalla correzione e, se la accetta, si sente delusa o sminuita.

Questo accade perché il contenuto della proiezione è in realtà un qualcosa di soggettivo che viene attribuito a qualcun altro. In sostanza io vedo nell’altro qualcosa che non c’è o c’è solo in minima parte. Questo è importante: la proiezione, il giudizio erroneo non investe casualmente ma di solito l’oggetto della proiezione offre un gancio, sul quale io posso appendere un mio cappotto e vestire l’altro con un abito che è in realtà mio. Tutta questa dinamica è in larga parte inconsapevole: di solito, se va bene, me ne accorgo solo successivamente.

Che cosa viene proiettato

Di solito è un aspetto negato della nostra personalità, il negativo della nostra personalità, la nostra ombra. Una persona sottomessa avrà un’ombra autoritaria e tenderà a proiettarla sugli altri vedendoli come autoritari e quindi continuare a sottomettersi. La proiezione può essere positiva, quindi vedo nell’altro qualcosa di più grande di come è, lo idealizzo, lo innalzo e gli do potere; oppure negativa vedendo l’altro inferiore, minaccioso, da distruggere o controllare.

In questo caso la sensazione è quella di ricevere un proiettile, fa male. Ci sono molti miti , fiabe e racconti dove si riprende questo tema del mandante di un proiettile a un ricevente. Di solito che manda è una divinità, che spara una freccia o un dardo a qualcuno che rivece e viene ferito, si ammala, viene trasformato. Pensate a cupido, o Zeus o a credenze popolari come il malocchio.

Se riesco ad avere un buon rapporto con la mia ombra questo processo è estremamente ricco. Pian piano riesco a integrare parti di me che inizialmente non mi piacciono e la mia personalità assume spessore, tridimensioalità.

Se invece il rapporto è cattivo si crea una grande distanza, la parte negata si carica sempre più di emozione e viene continuamente proiettata sugli altri. La mia personalità diventa bisimensionale e si può arrivare a una rottura totale e a una alienazione della persona.

Un risvolto pratico

Allora, partiamo appunto da qualcosa di molto pratico. Riflettere sulle nostre dinamiche proiettive – cioè riflettere maggiormente quando c’è qualcosa che ci irrita profondamente negli altri o in una categoria di persone, o mettere in discussione i nostri giudizi quando si rivelano sbagliati ma sentiamo una carica emotiva – è fondamentale, come dicevo prima per arricchire la nostra personalità. Ci fa capire qualcosa di più su noi stessi.

Anche chi riceve la proiezione deve provare a fare una riflessione profonda per capire se quanto veniva su di lui proiettato era completamente falso o c’è un gancio che, inconsapevolmente, ha offerto all’altra persona. Come si dice, le critiche ci aiutano a crescere. In entrambi i casi si deve sviluppare una forte dose di umiltà.

Conclusione

Ritornando al fatto di cronaca, alla luce di quello che abbiamo accennato, secondo me si possono fare due riflessioni:

  • La prima riguarda il ragazzo che ha sparato. Ritengo che da un punto di vista psichico -poi ci sono considerazioni sociali, familiari ecc- ci sia stata proprio quella spaccatura di cui parlavo prima tale da portarlo a confondere la propria realtà emotiva e quella esterna. È come se se si fosse tutto concretizzato: lui è diventato un essere potente, un demone un dio che può lanciare le sue frecce e i suoi poteri, e le sue proiezioni sono diventait proiettili di piombo.
  • La seconda riguarda la società americana. Se vale la regola del gancio allora anche chi ha ricevuto i proiettili ha in qualche modo una responsabilità. Chiaramente i ragazzi morti o feriti non hanno alcuna colpa, singolarmente. Ma forse l’attacco è a una istituzione a una società che farebbe bene a riflettere su qualche possa essere il gancio che spinge a tanta violenza nei suoi confronti.